Counseling Psicologico vs. Psicologia Positiva 


Fin dalle origini, la psicologia del counseling, che in Italia chiamiamo counseling psicologico, ha attribuito grande importanza ai punti di forza individuali e al funzionamento ottimale, considerandoli elementi centrali e distintivi della disciplina. Questa attenzione si è consolidata nel tempo, tanto che ricerche recenti (come quella di Lichtenberg et al., 2018) li identificano come i valori più condivisi tra i professionisti del settore, a prescindere dall'orientamento teorico di riferimento.

Un'espressione storica di questo orientamento è la visione di Donald Super (1955) secondo il quale il counseling psicologico dovrebbe focalizzarsi sulla salute e non sulla patologia, anche in casi di gravi disagi mentali. Lo psicologo counselor, in questa prospettiva, lavora per identificare e valorizzare le risorse personali del cliente, anche quando si trovi in situazioni complesse. L’obiettivo è aiutare l’individuo a sviluppare abilità che consentano di fronteggiare difficoltà e migliorare il proprio benessere, costruendo “punti di appoggio” nei diversi ambiti della vita (sociale, affettiva, lavorativa, ludica).

Questo approccio si basa su una visione positiva e fiduciosa dell’essere umano, convinta che ogni persona possa trasformarsi, migliorare, diventare più autonoma e vivere in modo più soddisfacente, anche in presenza di problemi come ritardi nello sviluppo, traumi, povertà culturale, malattie o invecchiamento (Jordaan et al., 1968).

L'orientamento ai punti di forza si manifesta in tutte le aree di intervento del counseling psicologico – evolutiva, preventiva e riabilitativa – ma trova massima espressione nei contesti di sviluppo personale. Qui, l’obiettivo è quello di aiutare le persone a raggiungere uno stato di benessere che vada oltre la semplice normalità, un “più che bene” (Menninger et al., 1963).

Le radici di questa visione risalgono alla prima metà del XX secolo e si sono evolute nella seconda metà, con un crescente interesse per la salute mentale positiva. Studi e organismi come la Joint Commission on Mental Illness and Mental Health (1961) e autori come Jahoda (1958) iniziarono a distinguere chiaramente tra salute e malattia mentale, promuovendo una concezione più ampia del benessere.

In quel periodo, emersero modelli teorici che valorizzavano le potenzialità dell’individuo, come:

  • La persona pienamente funzionante (Rogers, 1962)

  • La personalità matura (Allport, 1963)

  • L’avventuriero ragionevole (Heath, 1964)

  • L’individuo auto-realizzato (Maslow, 1970)

Sebbene questi modelli non fossero propri del counseling psicologico, ne influenzarono profondamente le pratiche.

Tuttavia, dopo la guerra del Vietnam, l’interesse per il funzionamento ottimale diminuì. Solo verso la fine degli anni ’90 si assistette a una rinascita grazie a un impulso proveniente dall’esterno della psicologia del counseling. Durante la sua presidenza dell'American Psychological Association negli ultimi anni '90, Martin Seligman promosse con forza lo studio delle risorse personali e coniò il termine "psicologia positiva" e criticò l’eccessiva attenzione della psicologia del tempo allo studio dei deficit e alla trascuratezza degli aspetti positivi dell’individuo.

Seligman e Csikszentmihalyi sottolinearono la necessità di comprendere non solo come si sopravvive alle avversità, ma anche come si può fiorire in condizioni favorevoli, promuovendo ambienti, relazioni e politiche che facilitano la realizzazione personale. Criticarono l’orientamento patologico della psicologia post-bellica e proposero un cambio di paradigma: da un approccio “riparativo” a uno “costruttivo”. 

Tuttavia, nel proporre la psicologia positiva, i due studiosi trascurarono il già lungo percorso della psicologia del counseling, che da sempre aveva valorizzato le risorse individuali e il benessere. Infatti, nel loro lavoro, Seligman e Csikszentmihalyi sembravano ignorare il lungo percorso storico del counseling psicologico e non tenevano conto dell’orientamento al potenziamento delle risorse, già presente nel counseling psicologico, né dei contributi offerti fino a quel momento allo studio dei punti di forza personali, del funzionamento ottimale e del loro utilizzo nel trattamento. Tuttavia, il lavoro di Seligman per la psicologia positiva diede un impulso positivo alla ricerca sui temi centrali della psicologia del counseling, sia all’interno della stessa che al di fuori.

Nell'ottica del counseling psicologico la guarigione e il raggiungimento dello stato di benessere o di maggior benessere, vengono promossi facendo leva sui punti di forza dell'individuo per aiutarlo a costruire soluzioni ai problemi e a trasformare se stesso e l'ambiente sfavorevole in un ambiente favorevole al proprio benessere, nella direzione dell'autorealizzazione. Non solo superare il problema: ma puntare "più in alto". Autorealizzarsi attuando e potenziando le proprie risorse, sempre in un clima realisticamente ottimistico.